VIAGGIO IN BIANCHI di Riccardo Bortolotto

Racconto di Riccardo in sella di Bianchi Impulso Allroad. #RideBianchi

Questo viaggio è nato dall’idea di connettere le mie due case. Vivo ad Amsterdam da ormai 7 anni però mi piace continuare a chiamare casa anche Malo. Il fatto di partire in bici da Amsterdam e arrivare a Malo mi sembrava avvicinasse quei due punti sulla mappa e li facesse sembrare vicini: vivere all’estero, ma non sentirmi poi così distante dal paese natio. L’itinerario prevedeva naturalmente la partenza da Amsterdam, avrei poi attraversato il Belgio fino ad arrivare a Calais connettendomi con la Via Francigena. Non è il tragitto più breve per raggiungere l’Italia però per qualche motivo ho deciso che volevo percorrere in bici quel tratto di Francia, quei 1000km prevalentemente di sterrato, percorsi in passato da migliaia di pellegrini che partivano a piedi per raggiungere Roma. Arrivato a Pontalier, ultima tappa della sezione francese, la Via Francigena prosegue verso sud passando per la Val d’Aosta, Piemonte, Emilia Toscana per poi verso Roma. Il mio tragitto invece prevedeva Berna, Zurigo oltrepassando le alpi per il passo Fluela e il passo Fuorn arrivando in Italia da Glorenza, Trento, passo della Fricca e infine Malo.

PARTE I
La partenza dovrebbe essere un momento molto importante ma per me é una semplice azione. Focalizzo il pensiero solamente su quell’istante, senza rendermi  conto della serie di eventi che quella decisione provoca a me e alla gente che mi sta attorno e l’impegno nel portarla a termine. Forse è questo che mi aiuta a pormi obiettivi estremi come questo viaggio, vivendoli con leggerezza e imparando da quello che mi succede. La prima parte del viaggio è andata molto bene. Strade  scorrevoli, molto asfalto e vento a favore. Pedalando lungo la costa ho attraversato le enormi chiuse che proteggono i Paesi Bassi dall’allagamento. Giganti colossi di ferro e cemento estesi per molti metri e io, con la mia bici, piano piano li percorrevo. Dopo aver attraversato il confine olandese, viaggiando verso Bruges in Belgio
ho pensato alla natura. Credo che se tu fai del bene alla natura la natura in qualche modo te lo ritorna. Difficile da credere, ma io ci credo. In questo caso l’aiuto veniva dal vento. Un vento forte che mi spingeva e mi aiutava a prepararmi fisicamente per affrontare la seconda parte del viaggio, rivelatasi molto più difficile di quanto previsto. Il terzo giorno prevedeva il passaggio in Francia per arrivare a Calais. Sembra che in bici non ci siano confini tra paesi. Vedi il paesaggio che continua, gli alberi sono gli stessi, le persone pure. Forse la lingua cambia, oppure si mischia. Il confine tra paesi, se passi in bici, è solo una casina, bianca, con due bandiere ai due lati. Quel giorno c’era la bandiera francese in un lato e girandomi ho visto quella belga.


PARTE II
A Calais é iniziata la seconda parte del viaggio. Qui ho fatto la prima foto alla cattedrale con il simbolo della Via Francigena. Un pellegrino con una borsa
sulle spalle che cammina con destinazione Roma. Qui ho mandato anche il primo messaggio alla mia famiglia dicendo cosa stavo facendo. Sapevo che se l’avessi fatto prima si sarebbero preoccupati, mentre dicendo che ero in viaggio già da tre giorni pensavo si potessero preoccupare meno; non é stato proprio così, ma almeno non potevano convincermi di non farlo visto che ero già partito. La prima tappa é stata tra le più difficili. Non so per quale motivo ma i pellegrini avevano scelto di passare per la spiaggia di Calais. A piedi era sicuramente più semplice che attraversarla in bici. Oltretutto la sabbia non aiuta le parti meccaniche della bici, però essendo all’inizio del viaggio non me ne sono preoccupato molto. Dopo aver pedalato in spiaggia ho dovuto scendere e salire circa 200 gradini. Alcune persone mi hanno suggerito di cambiare strada, perché con la bici quel tratto non era semplice, ma io, testardo, ho continuato. Ripensando a questa prima tappa, ho capito quanto importante sia stato affrontare questo viaggio in solitaria. Probabilmente sarebbero nate discussioni sull’itinerario se fossimo stati in due lungo il tragitto, invece da solo queste discussioni non avvengono. Sei tu, solo con le tue decisioni.
Pedalando verso sud sono iniziate le stradine. Stradine in mezzo ai boschi, ai campi, stradine piccole. Possiamo chiamarle dei veri e propri “strosi”. Allora ad un certo punto mi sono fermato, ho guardato la strada, anzi “el stroso” e mi sono chiesto: “ ma secondo te, pensi di arrivare in Italia per queste strade?” Risposta: Pazzia. Si perché dopo un po’ che sei da solo inizi a parlare con te stesso, e ti rispondi pure!
Diciamo che, col senno di poi, potevo pianificare molto meglio il percorso. Ho deciso l’itinerario, diviso i km nei giorni, cercando di essere flessibile nelle tappe così se un giorno fossi stato più stanco avrei potuto fermarmi prima. Oltre a questo non avevo idea che la Via Francigena fosse per l’80% sterrata con percorsi molto sconnessi e difficili da affrontare in bici. Ogni giorno era una sorpresa. Non sapevo che avrei fatto una media di 1200m di dislivello giornalieri e non sapevo neanche che avrei pedalato tutto il giorno ininterrottamente. L’idea era quella di pedalare circa 3 ore al mattino e 3 ore al pomeriggio ma mi sono ritrovato a pedalare dalle 8:30 del mattino fino alle 18:30 con brevi pause per mangiare e bere.
All’inizio pensavo a fare km, pedalare, pedalare e pedalare per arrivare prima a destinazione. Il pensiero era proiettato al futuro. Se fossi arrivato prima in Italia avrei guadagnato del tempo per rilassarmi e fare altro. Alcune volte il percorso prevedeva delle “allungatoie” cioè al posto di percorrere 1 km in linea retta, dovevo seguire una stradina tra i campi per 4-5km per poi ritrovarmi nella stessa strada di prima. Quindi pensando alla destinazione e non al viaggio in sé, ho deciso di accorciare quei tratti andando dritto, per la strada principale. Senza “perdere” tempo in "allungatoie”.
I paesaggi erano incredibili. Orizzonti infiniti con colori intensi. Il sole mi accompagnava e rendeva tutto più piacevole. La prima parte della Via Francigena  corrispondeva anche al fronte occidentale della Germania, durante le due guerre, dove sono state combattute molte battaglie e migliaia di soldati sono morti. Giovani ragazzi inesperti mandati a combattere per la “Patria” hanno passato lì gli ultimi giorni della loro vita. Sono passato vicino ad alcune trincee della prima guerra mondiale e a molti cimiteri di guerra inglesi, francesi e anche tedeschi. Lì mi sono fermato a pensare. C’è stato un momento, in un cimitero inglese, in cui mi sono fermato, sono sceso dalla bici e mi sono messo a fissare quelle tombe. Bianche. Candide. Ho riflettuto sull’importanza di decidere il presente, il tuo presente e di viverlo con tutto te stesso senza pensare al futuro. Quei giovani soldati non hanno potuto farlo. Non hanno potuto scegliere né il proprio presente né pensare al futuro, ci sono finiti dentro e hanno dovuto cavarsela come meglio potevano. Alcuni di loro la volevano fare la guerra, volevano combattere. Ma anche in quel caso,
molti di loro, non l’hanno neppure iniziata perché uccisi prima di arrivare al campo di battaglia. E magari finiti in uno di questi cimiteri, se fortunati con il
nome nella lapide altrimenti solo una semplice incisione che diceva: Soldato morto per la patria.
Invece io ho avuto la fortuna di poterlo decidere questo presente. Ho deciso di fare questo viaggio e non devo rincorrere il futuro. Non devo pensare a quando sarei arrivato in Italia, o a fare più km per arrivare prima e guadagnare del tempo. Questo è il tempo di cui ho bisogno e lo devo vivere ogni singolo momento con tutto me stesso. Non c’è nessuno che mi corre dietro! È stato un momento magico. È stato come riscoprire il tempo come lo vivono i bambini, si perché loro non lo perdono mai il tempo. Non conoscono neanche il significato di perdere tempo.
La mia mente era più rilassata. Vedevo le cose in modo diverso. Ero contento di prendere quelle “allungatoie”, quei sentieri che allungavano il tragitto ma allo stesso tempo rendevano l’esperienza più ricca. Lì la gente non passava. In quei 1000km di Natura ho incontrato solo 5 persone che percorrevano la Via Francigena a piedi e alcuni passanti a passeggio con il cane. Il resto era natura. Avevo dimenticato com’era passare intere giornate all’aperto. Dopo un po’ i tuoi occhi si abituano ai colori, la mente si distende e si allinea con quei lenti processi silenziosi ai quali la natura dà vita. Allora inizi a vedere diversi tipi di uccelli, inizi a riconoscerli, inizi a sentire i profumi del bosco e le diverse tonalità di verde. Senti parlare il grano. E poi senti il silenzio. 
Inizi a dialogare con la natura e la natura parla con te. I falchi mi osservavano dall'alto. Mi piaceva pensare che erano lì, e mi facevano compagnia. Mi proteggevano e mi insegnavano la strada. Mi sembrava quasi di iniziare a conoscerli. Lontano da tutto e da tutti si sentiva quel silenzio che ti fa stare bene. Molte volte ho sentito il bisogno di fermarmi in mezzo a quelle campagne e ascoltare il silenzio. Poi ogni tanto, in lontananza, vedevo delle strade. In quelle strade veloci tutti andavano veloci. Tutti correvano contro il tempo, per fare più cose, senza perderne di tempo. Ma come si fa a perdere tempo? Mah, in quei luoghi l’ho dimenticato, anzi ho capito che non è possibile perdere tempo.
Il non pianificare bene il percorso comporta anche a non sapere dove fermarsi a dormire. Nella breve ricerca fatta sulle abitazioni che erano disponibili ai pellegrini lungo la Via ho visto che c’erano svariate case, ostelli oppure campeggi dove poter alloggiare. Naturalmente non avevo controllato se fossero tutti aperti o  comunque se la lista fosse stata aggiornata. Però in ogni caso ero preparato. Avevo tutto l’equipaggiamento per dormire e mangiare all’aperto: tenda, sacco a pelo, set per cucinare, gas e cibo. Il problema è che in Francia non è possibile campeggiare liberamente quindi alcune volte ho dovuto ripiegare in alloggi alternativi tipo bed&breakfast, hotel oppure a casa di qualcuno.
Il sali e scendi delle colline francesi non finiva mai. Alcune volte dovevo spingere la bici perché non riuscivo a percorrere quei tratti ripidi di bosco. La bici con tutta l’attrezzatura pesava circa 35kg e spingerla in salita non è stato proprio semplice. Alcune volte incontravi strade chiuse da un cancello, oppure alberi caduti che bloccavano la strada. In quei momenti mi chiedevo: “ma perché non ho scelto un percorso più semplice? Perché non ho scelto una pista ciclabile invece che un sentiero? Mi sono detto: “la strada più difficile spesso porta a soddisfazioni maggiori". Infatti, arrivare in cima a quelle colline, ammirare il panorama, sentirti calmo e rilassato in mezzo alla natura e al silenzio, ripaga tutto. Pochi veri momenti che colmano stanchezza e sudore.
Lungo la strada, passando per i paesini si incontrano persone. Vedendomi solo, con la bici piena di borse, le persone sono più gentili. Ti salutano, ti chiedono dove vai e alcuni si siedono e ti raccontano la loro vita. Un giorno Gerry mi ha visto in un parco finché mangiavo la mia baguette, si è avvicinato e si è seduto accanto a me. Abbiamo parlato e mi ha raccontato la sua vita finendo con una citazione di Buddha che mi ha fatto molto pensare. “L’estinzione del desiderio è la fine di ogni sofferenza”. Accettare quello che c’è, quello che ti capita senza voler desiderare di più! Altra lezione molto importante per il viaggio.
Le colline, ad un certo punto, iniziarono piano piano a farsi grandi, quasi a voler somigliare alle montagne che si intravedevano all’orizzonte. La Svizzera era vicina e con lei anche le alpi. Dopo tutti quei giorni di bici ho iniziato a sentirmi un’unica cosa con lei. Andavo a letto la sera con la voglia di svegliarmi e iniziare a pedalare. Quel ritmo e quella quotidianità mi faceva stare bene. Ormai i muscoli erano allenati e il corpo sapeva cosa lo aspettava durante il giorno. Ho pensato molto a come sia andato tutto incredibilmente bene. Dopo 1500km di tragitto ho bucato solo una volta, mai rotto niente, nessun inconveniente.


PARTE III
In Svizzera c’è un’aria pulita. Ho sentito il vento soffiare tra i boschi e portarmi questi profumi di abete, di resina. Profumo del sottobosco. C’era un’atmosfera tranquilla, calma, come se il tempo andasse più piano. Mi sembrava di avere lo stesso ritmo. Calmo. Lento. Profondo. Il paesaggio era cambiato, c’era meno campagna e più collina. La strada era tornata a essere più scorrevole. Più asfalto o ghiaino. Ho costeggiato il lago di Nauchatel per arrivare a Berna e fermarmi a dormire da un amico. È sempre bello visitare le città accompagnati da una persona che ci vive. Al mattino si riparte. Si prepara la bici, ogni giorno si svuotano e riempiono le borse. La preparazione è fondamentale per non avere problemi durante il viaggio. Dopo pochi chilometri si torna ad essere in mezzo alle colline, solo, senza persone, si stava bene lì. Mi fermavo in dei paesini per prendere un panino, qualche bibita e poi si ripartiva subito. Guardandomi intorno, dopo tutto questo tempo tra i boschi e la campagna, mi sembrava di sentirmi estraneo dai meccanismi condizionati della società attuale.
La tappa in salita era vicina. Ultima notte in un campeggio a Landquart prima della grande salita. Le montagne erano lì che mi osservavano, e io ai loro
piedi. Mi sentivo piccolo. Le guardavo e sentivo la loro potenza pensando alla salita del giorno seguente. Non sapevo né quanto lunga fosse né le pendenze. Sapevo solo che avrei superato i 2300m di altitudine. Non sapendo cosa ti aspetta non puoi aspettarti niente. I paesaggi erano incredibili. Tra i più bei luoghi che abbia mai visto. Vedere piano piano l’ambiente che ti circonda trasformarsi, mentre io piano piano salivo imperterrito quella salita. Lunga. Infinita. Guardandomi attorno vedevo il colore delle rocce cambiare, i licheni con colori rossi, gialli e verdi le coprivano e creavamo dei giochi di colori quasi inebrianti. L’aria era diversa, più secca. E poi…la vetta. 2382 metri. Due laghetti che circondano il rifugio e un strada che passa attraverso. Paesaggio magnifico.
E pensare che sono partito da Amsterdam, a -7 metri sul livello del mare. Tante cose passate, viste, sentite, capite. Nel momento in cui ho iniziato a rendermi conto che mancava poco alla fine, ho iniziato a sentire quel gusto amaro in bocca. Avrei voluto che durasse di più. Conoscevo i meccanismi del viaggio, sapevo come organizzare le cose, come gestire le energie e come integrare quelle perse. Ora che sapevo come fare, l’avventura era quasi finita. Queste le dobbiamo vedere come lezioni che impari e usi per il futuro.
Le tieni con te per sempre. Come i paesaggi visti. Sarei voluto rimanere di più per ammirarli, viverli ed imprimerli sulla mia memoria. Certe volte penso che se non guardi per molto una cosa poi se ne va. Invece è come la guardi che conta. Quest’esperienza è stata così profonda e intensa che ci vorrà un bel po’ per capirla veramente.
E poi ho scoperto che dovevo fare un altro passo. Eh già, il passo Fuorn era lì che mi aspettava e mi diceva che la salita non era ancora finita. E quindi ho ripreso a salire. Altri 14 km di salita attraversando la Val Mustair e avvicinandomi al confine italiano. Ad un certo punto, prima del confine, ho sentito profumo d’Italia. Eh già, penso che l’Italia abbia un profumo. Non è facile da descrivere però l’ho sentito. Dopo un po’ ho iniziato a scendere verso Merano. Periodo di mele. Chilometri e chilometri di meli lungo la pista ciclabile che costeggia l’Adige. Iniziavo a pregustare l’arrivo. Mi sono immaginato la scena che arrivavo a casa, suonavo il campanello e i miei genitori mi vedevano in bici.
L’ultima tappa è stata in un campeggio in riva al lago di Caldonazzo. Poi mi aspettava l’ultima “salitina" prima di scendere per la Val d'Astico e arrivare a Malo. Beh, “salitina" è quello che pensavo io, infatti anche lì ci sono stati circa 14km di salita prima di attraversare l’ultimo passo della Fricca a 1083m. 
Arrivare a Malo è stato bello ma anche semplice. Ho visto quel cartello bianco con una scritta nera: MALO. Ecco, ho detto, sono arrivato. In lontananza lungo via Ponte Vecchio c’era qualcosa davanti casa. Avvicinandomi ho visto uno striscione con scritto MALO - AMSTERDAM e la mia famiglia con tutti i miei amici che mi aspettavano per salutarmi all’arrivo. Un momento bellissimo. Estrema felicità e soddisfazione. Rifarei tutto, senza
pensarci, solamente per poter rivivere l’arrivo.